Intervista a cura di Nicola Salerno
Michele Paolicelli, classe 1934, e Antonio Porcari, classe 1943, entrambi materani e portieri, hanno difeso i pali del Matera rispettivamente negli anni '50 e '60. Insieme a Tonio Cristallo e Nicola Tommaselli fanno parte di una generazione di numeri 1 made in Matera; dopo di loro fu il turno di Vincenzo Antezza, primo tra i portieri della città dei Sassi ad essere arrivato tra i Semiprofessionisti. In particolare, Paolicelli dal 1951 disputò con i giovani della Libertas diversi campionati di Promozione lucana, per poi passare alla Materacalcio in IV Serie nel 1955, anno in cui si alternò da titolare tra i pali con Manzin, ed infine ancora alla Libertas dove cambiò ruolo trasformandosi in centrocampista. Porcari iniziò nelle giovanili materane, militando nell'Acli Piccianello che nel 1963 si fuse con la Libertas fondando il F.C. Matera, giocò da titolare nella nuova formazione materana nel 1963-64 e da dodicesimo nella stagione successiva quando si raggiunse la promozione in Serie D; vinse anche un campionato con il Policoro prima di ritirarsi dal calcio nel 1969. Materacalciostory li ha intervistati per sentire il sapore del calcio materano di una volta.
Ci racconti qualche episodio di vita calcistica di qualche decennio fa?
Paolicelli |
Paolicelli: All'epoca il ruolo di portiere era piuttosto duro, soprattutto nei campi di provincia dove il pubblico era a due passi dalla porta ed arrivava di tutto; in Basilicata solo Potenza aveva la pista di atletica, mentre gli altri campi erano tutti a ridosso della porta. Tuttavia accadde qualcosa di diverso quando debuttai in IV Serie a Castelfidardo, il paese delle fisarmoniche nelle Marche, dove prima della partita si riunivano e suonavano delle musiche bellissime; anche lì il pubblico era molto vicino, ma capirono che ero un ragazzo debuttante e ricevetti una cordialità ed un incoraggiamento per me inaspettati. I campi erano quasi tutti in terra battuta e gli allenamenti erano durissimi, ho ancora oggi i calli ai gomiti e alle ginocchia per i tuffi in allenamento; il mio primo allenatore Di Santo mi insegnò a mettere le mani e cadere in un certo modo, e fece costruire in un angolo del campo sportivo una fossa con la sabbia dove mi allenavo. L'anno in cui giocai con la Materacalcio in IV Serie ci fu la grande nevicata, che ci tenne bloccati per 15 giorni a L'Aquila dopo la partita; sempre quell'anno quando andammo a giocare a Pescopagano c'era un freddo gelido e lo spogliatoio era una baracca senza finestre, così il loro presidente mise a disposizione casa sua che era a due passi dal campo sportivo per cambiarci. Il nostro massaggiatore Tataranni detto Zam'ridd' mi cosparse il corpo di termogene, una crema per dare calore al corpo, e mi riempii di guanti, ginocchiere e quant'altro per proteggermi. Il campo era in argilla ed il pallone diventava sempre più pesante con il passare dei minuti, la temperatura era notevolmente sotto lo zero e rischiai l'assideramento. Vincemmo 2-0 e dopo la partita sentii l'effetto del termogene che mi fece diventare bollente. Storie di un altro calcio e di un altro mondo.
Porcari |
Porcari: Anch'io ricordo la durezza degli allenamenti, gli infortuni subiti ai legamenti o i 18 punti di sutura, e ricordo anche la genuinità del nostro calcio; ho rivisto una foto del 1961 quando per la prima volta Gino Morelli ci comprò le scarpette nuove, ed eravamo felici di avere tutte le scarpe nuove luccicanti. Ricordo le prime trasferte solo con il panino come pranzo e stipati come le sardine dentro il pullmanino guidato da Giovanni Laperchia, presidente della società in collaborazione con lo stesso Morelli. Per tre anni fui scelto per partecipare con la selezione regionale alle fasi interregionali di Prima Categoria; la prima volta andammo con il professor Dragone come accompagnatore alle finali a Sorrento, dove però ero troppo giovane e giocai sotto falso nome, all'epoca si poteva fare. Quell'anno arrivammo fino alle semifinali, perdendo per 1-0. Gli anni successivi il selezionatore era Fabris di Potenza e privilegiava i calciatori potentini, così durante una partita con la Puglia in cui stavamo perdendo 3-0 mi chiese di entrare a 5 minuti dalla fine, ed io trovai la scusa che avevo un problema al ginocchio, era una presa in giro farmi entrare a pochi minuti dalla fine con la squadra sotto di tre gol. Ricordo anche Carlo Abbatino, era il nostro sindacalista e fu grazie a lui che riuscii a prendere un po' di soldi anche a Matera; la società difatti, dato che lavoravo, avrebbe voluto non pagarmi, ma lui fece presente che c'erano altri calciatori non materani che lavoravano eppure venivano regolarmente pagati, e solo così presi anch'io il dovuto. Invece quando io e Paterino andammo a Policoro fummo trattati da re, e questa è la solita storia che non si è mai profeti in patria.
Come si è svolta la tua carriera calcistica?
Paolicelli: Ho cominciato con la Libertas, vero e proprio serbatoio da cui la Materacalcio ha in seguito attinto i suoi giocatori. Quando nel 1955 Ninì Tantalo divenne commissario della Materacalcio inserì in prima squadra diversi ragazzi locali provenienti dalla Libertas, tra cui io, mentre negli anni precedenti la maggior parte della rosa era formata da calciatori forestieri. Quell'anno arrivò a Matera anche un gruppo di calciatori baresi tra cui Giovanni Chiricallo (fratello maggiore di Nicola) che mi prese subito in simpatia e mi spinse a fare un provino con il Bari: durante l'allenamento a Bari, prima che entrasse l'allenatore Capocasale, c'era un omone che sparava a distanza di un metro delle cannonate davvero omicide per intimorire, così l'impatto non fu proprio piacevole, inoltre mio padre volle che restassi a Matera per diplomarmi, e così continuai a giocare nel Matera, sostituendo come titolare Manzin nella seconda parte della stagione. Intuii presto che il portiere doveva avere una preparazione anche mentale diversa dagli altri calciatori, ma dato che ero bravo anche con i piedi provavo sempre ad impostare il gioco ed essere il primo costruttore dell'azione; anche il rinvio da fondocampo, che all'epoca era effettuato quasi sempre dai terzini, lo facevo io che cercavo sempre di servire al meglio i compagni. Quando la Materacalcio fallì, andai sotto le armi e poi tornai a giocare nella Libertas ma non più da portiere, facendo valere i miei piedi buoni. Nel 1959 disputammo la finale regionale contro il Potenza, ma sul loro campo (l'unico in erba della Basilicata, a Matera l'erbetta fu aggiunta negli anni '60) non eravamo abituati alla palla che schizzava via e perdemmo 2-0. Anche dopo aver smesso, nei campionati aziendali con il Consorzio di Bonifica giocavo da attaccante, e ricordo una finale contro la SIP, che aveva un Dopolavoro molto efficiente ed una squadra giovane ed organizzata dove il portiere era proprio Antonio Porcari; all'inizio partirono forte, poi pian piano ci organizzammo e con una mia gran botta dalla distanza che si infilò all'incrocio dei pali vincemmo la finalissima, con grande disappunto di molti amici della SIP.
Porcari con la tuta del F.C. Matera |
Porcari: Ho iniziato a tirare calci al pallone nel piazzale antistante la Cattedrale dove venni notato da Manzin che dopo i primi allenamenti al campo sportivo mi indirizzò al ruolo di portiere. Fu proprio Manzin a prendermi in simpatia ed insegnarmi tanti trucchi del mestiere. Nel 1963 partecipai ad un'amichevole contro il Trani neopromossa in serie B che servì anche per selezionare i calciatori che avrebbero partecipato con il Matera al successivo campionato. Restai al Matera anche l'anno seguente, quando arrivarono dal Bari diversi calciatori come D'Albis, Buonvino, Bottalico, Ressa, Giannattasio; quando il portiere titolare D'Albis ebbe un lutto in famiglia giocai da titolare per due gare. Ricordo l'allora presidente Nicola Tommaselli (già in passato ottimo portiere di grande stile) si raccomandò con me sulle uscite, ed allora Carlo Abbatino gli rispose in dialetto "Ce t crid' ca iè la pr'm' part't' ca scioc' Tonin?". Dopo la promozione in serie D giocai un anno a Montescaglioso e poi insieme a Giovanni Paterino ed a Fino, che diventò allenatore giocatore, fummo ceduti all'Eraclea Policoro e vincemmo il campionato di Promozione nel 1966-67 con 12 punti di vantaggio sulla seconda. Tornai al Matera dove giocai per un anno nella formazione De Martino e poi nuovamente a Policoro, dove smisi l'attività a 26 anni dato che nel frattempo avevo iniziato a lavorare.
Nelle formazioni in cui hai militato c'era spazio per tanti giovani locali, ci parli dei tuoi vecchi compagni di squadra?
Paolicelli in azione nel 1951 durante una gara tra Libertas e Montescaglioso |
Paolicelli: Lo spogliatoio è il cuore di ogni squadra, dove nascono le amicizie, i gruppi dominanti. Tanti compagni di squadra con cui ho iniziato a giocare ai tempi della Libertas sono rimasti sempre amici. Michele Salerno, centromediano, c'era lui davanti a me, ottimo atleta in diverse discipline; ci siamo diplomati insieme, era il cuore buono della squadra, mai una parola fuori posto. I terzini Venezia e Benedetto Lamacchia, poi i laterali Ventola ed Enzino Montani che faceva il cosiddetto lavoro sporco marcando gli avversari e facendo azioni di disturbo. Più avanti Amoroso, sempre elegante, e poi Romano Ladik, il numero 10; è il nostro archivista, ha conservato con cura ricordi, pubblicazioni, fotografie, articoli di giornale, e quando è tornato a Matera a trovare i suoi vecchi amici ha portato ad ognuno un pezzo dei suoi ricordi. Aveva altri due fratelli calciatori, Tonino il più grande terzino e Luigino più piccolo, ala, poi c'era Oscar che non giocava a calcio. Altri due fratelli calciatori erano Peppino Francione, attaccante estroso, ed Umberto suo fratello più piccolo: eravamo una famiglia. Quando passai alla Materacalcio ricordo il gruppo dei baresi, Giovanni Chiricallo, la mezzala Traversa, Filippo Bitetto, e con loro arrivò anche il pisano Filippelli e l'allenatore ungherese Szalay. Negli anni precedenti alla Materacalcio era arrivato dapprima il blocco degli istriani, Manzin, Perentin, Giani e diversi altri, erano rifugiati politici: Manzin, bella figura di atleta, portiere spettacolare, restò a vivere a Matera diversi anni facendo il vigile urbano e poi tornò a Trieste, dove lavorò prima nel traffico e poi in archivio. Ha sempre ricordato con affetto Matera, dove era molto ben voluto. Sempre nella Materacalcio c'erano i veneti, come i veneziani Perucci e Rogante che hanno entrambi sposato delle ragazze materane, ed infine i friulani, tosti, grandi lavoratori, come Candussi il migliore di tutti, o l'ala Zanutel che giocò con me, un puledro di razza tutto nervi che lanciavi in profondità e non aveva paura di nessuno. Uomini e storie di un calcio profondamente diverso.
Porcari: Certamente molte amicizie nate in quegli anni sono rimaste nel tempo. Oltre alle varie figure già ricordate come l'indimenticato Carlo Abbatino, ricordo tutti i miei compagni dell'epoca come Cenzino Epifania, che conserva un vasto archivio di immagini e documenti relativi anche al successivo periodo in cui fondò la Gianni Rivera, Mimmo Bellacicco, Stefano Ritella, i fratelli Pietro e Antonio Bonamassa, Franco e Gianni Di Marzio, Aldo Morelli, Mario Sarra, Angelo Basile; ricordo che dopo il fallimento del Matera il Laterza convinse molti giocatori a firmare e così diversi materani si trasferirono a giocare nel vicino centro pugliese. Cito infine Giovanni Paterino, con il quale condividemmo gli spostamenti tra Matera e Policoro, e con cui formavamo una coppia molto affiatata nel reparto arretrato, lui in difesa ed io in porta.