Intervista a cura di Nicola Salerno
Questa settimana abbiamo sentito Giuseppe Beretta, roccioso terzino classe 1956 nativo di Cernusco sul Naviglio, al Matera dal 1978 al 1980.
Hai vissuto a Matera nel periodo calcisticamente più florido della città dei Sassi. Quali sono i ricordi e le emozioni provate in quei due anni?
Ricordo Matera e quei due anni con grandissimo affetto; è stato un biennio ricco di amicizie, in una città in cui ho trovato il calore di tanta gente ospitale. Quando arrivai a Matera avevo 22 anni e provenivo dal Palermo, dove avevo giocato poco in serie B, ed accettai grazie all’entusiasmo che seppe trasmettermi il senatore Salerno. Lui seppe contagiarmi con il suo entusiasmo, convincendomi che avrei trovato una città tranquilla ed un ambiente ideale per giocare; io volevo giocare ed accettai la sfida, rinunciando ad altre offerte economicamente superiori che avevo ricevuto anche vicino casa, ma il mio sesto senso mi disse che avrei fatto bene ad accettare l’offerta del Matera. Seguii il mio cuore ed il mio istinto, e posso dire che è stata la scelta migliore della mia vita: dissi a mia moglie che dopo il matrimonio saremmo andati ad abitare a Matera, e così a settembre ci sposammo e ci trasferimmo nella città lucana, dove abbiamo vissuto due anni meravigliosi. Quella squadra non solo non era favorita per la vittoria finale, ma nei pronostici di inizio anno ben 17 allenatori su 18 (escluso ovviamente il nostro mister Dibenedetto) la davano per candidata alla retrocessione: e invece quella squadra, tecnicamente inferiore ad altre molto più attrezzate, riuscì a compiere il miracolo grazie ad uno spogliatoio unito ed all’ambiente estremamente favorevole. Era quello che io amo chiamare calcio “pane e salame”, con lunghe trasferte in pullman (quell’anno si arrivava fino a Livorno, Pisa, Empoli) che cementavano il rapporto tra noi compagni di squadra, dei quali ho un ricordo molto bello. E poi avvertivamo la spinta dell’intera città che si strinse intorno a noi, per Matera quella vittoria fu una sorta di rivincita e di riscatto, e la festa al ritorno da Lucca fu indimenticabile.
L’anno seguente ci fu l’impatto con la serie cadetta, dove tra l’altro segnasti un gran gol su punizione che regalò al Matera la gioia di espugnare il Comunale di Bergamo.
Partimmo sulle ali dell’entusiasmo e disputammo un girone di andata al di sopra delle nostre possibilità, poi nel girone di ritorno ci sgonfiammo e la retrocessione fu obiettivamente giusta. Nell’ultima giornata di andata ci fu il mio gol a Bergamo: è uno dei ricordi più belli della mia carriera, anche perché giocavo a due passi da casa. Tanti parenti e amici vennero a vedere la partita ed io segnai il gol della vittoria, ancora oggi c’è qualcuno che mi ferma ricordandomi quell’episodio.
Nella tua carriera c'è ancora una città del Sud, dopo Matera infatti sei andato a Reggio Calabria; poi come è proseguita?
Beretta contrasta l'attaccante del Monza Monelli. |
Sì, ho giocato per un anno in C1 con la Reggina, poi purtroppo ho subìto due infortuni al ginocchio e ciò a quei tempi poteva compromettere una carriera. Quando mi ripresi dagli infortuni tornai a Leffe, dove vincemmo una coppa Italia di serie D ed ho giocato ancora in C2, poi ho iniziato a lavorare in banca ed ho fatto la mia scelta di vita lavorativa. Nel calcio sono rimasto facendo per un po’ l’allenatore a livello dilettantistico e giovanile.
Vuoi fare un saluto alla città che porti nel cuore ed ai suoi tifosi?
Ci tengo particolarmente a sottolineare che l’entusiasmo ed il piacere di aver vissuto a Matera per due anni sono impagabili: la città che oggi è stupenda ed al centro dell’attenzione era bellissima già allora benchè meno conosciuta, un posto tranquillo ed a dimensione d’uomo. Seguo sempre il Matera, mi informo puntualmente sui risultati e sono felice per il gran bel campionato che sta disputando: vincere a Salerno davanti ad oltre diecimila tifosi avversari è una grossa impresa, e faccio il mio in bocca al lupo di cuore al Matera per le ultime battute di questo campionato.