Intervista a cura di Nicola Salerno
Oggi scambiamo due chiacchiere con Massimo Menichelli, romano di origine e materano di adozione, essendo infatti uno dei diversi calciatori che si sono fermati a vivere nella nostra città dopo aver smesso di giocare.
Hai giocato per un anno nel Matera ma soprattutto ti sei innamorato di Matera a tal punto da metter su famiglia e fermarti a vivere qui; cosa ci racconti di questa esperienza?
E' vero, Matera mi ha dato tantissimo non solo a livello calcistico, qui mi sono stabilito, ho messo su famiglia, sono cresciuti i miei figli. Quando sono arrivato nel 1972 dovevo sostituire un emblema, una colonna come Buccione; sono entrato così in un ingranaggio fatto di calciatori bravi ed esperti e ricchi di doti morali come Galati, Loprieno e tanti altri. L'ambiente era una vera famiglia, dove regnava lo spirito di amicizia, la solidarietà, e grande merito ebbe il senatore Salerno nel saper creare questo gruppo così unito. Lui era un uomo che aveva grandi capacità gestionali, pur non navigando nell'oro sapeva far quadrare i conti e mantenere la squadra in serie C per tanti anni consecutivi. Mi piace ricordare i due gruppi che componevano lo spogliatoio, i baresi e tutti gli altri. Non era una divisione deleteria, anzi era simpatica e utile alla causa, comunque si remava tutti nella stessa direzione, era più che altro un fatto folkloristico; loro (i baresi) erano molto amici perchè si conoscevano da anni ed a volte comunicavano tra loro in maniera quasi incomprensibile, però c'era un ambasciatore che faceva da mediatore e da trait d'union tra i due gruppi, sempre sotto la supervisione della società, ed era il grande Peppino Galati, che era anche il capitano. L'unico che faceva valere il suo peso specifico superiore era Veneranda, che aveva una grande esperienza anche nelle categorie superiori, ma comunque la metteva al servizio della squadra, tanto è vero che a fine stagione gli fu affidata proprio la guida della squadra, dopo che fu esonerato l'allenatore Mancinelli. Per la città il calcio era di grandissima importanza, tutto ruotava intorno al calcio, le discussioni nei bar, la gente presente agli allenamenti, c'era un grande contatto umano con i tifosi. Potevamo fare di più, perchè singolarmente la squadra era forte, però poi messi insieme abbiamo faticato oltre misura e ci siamo salvati solo alla fine, ma anche l'imprevedibilità è il bello del calcio.
Prima e dopo Matera sei stato un calciatore del Potenza; come hai vissuto i derby da entrambe le sponde?
Nell'estate del 1973 ci fu lo scambio tra il Matera e il Potenza con me e Foresti, un calciatore elegante, molto apprezzato. A Potenza dopo la retrocessione in serie D c'era parecchio scoramento nell'ambiente, e la dirigenza provò a risollevare la tifoseria che veniva da diverse delusioni, se si pensa che pochi anni prima giocavano in serie B. Io ero stimato ed avevo fatto bene già nella prima esperienza da loro in serie C e così presero me, Pinton (un altro calciatore che ha vestito entrambe le maglie) ed altri per ricreare un ambiente positivo intorno alla squadra. Tra le due tifoserie c'era una rivalità ma fatta esclusivamente di sfottò, sempre nei limiti della sportività; era una bella rivalità, e ricordo con piacere quei derby da ambo le parti.
Come consideri la tua carriera calcistica?
Sono stato un fortunato, può darsi che non ho colto tutte le occasioni perchè nel calcio ci vuole il giusto mix di tecnica e carattere, e per me il primo nemico ero io stesso. Per la mia famiglia dovevo studiare e gli sportivi erano mal visti perchè considerati degli sfaticati, e questa cosa mi condizionò non poco: oggi la prima partita dei giovani la giocano i genitori in tribuna, mentre ai miei tempi non mi seguiva nessuno. Riuscii comunque a diplomarmi ma non a laurearmi e quindi sentivo di non aver soddisfatto pienamente la mia famiglia; ma nella vita del calciatore si tende a pensare più all'oggi che al domani, e così è successo a me. A posteriori posso dire di aver dato meno di quelle che erano le mie possibilità. Ad ogni modo feci tutta la trafila nelle giovanili della Roma, e benchè le società del centro sud erano meno organizzate di quelle settentrionali nella valorizzazione dei giovani, anche al termine del mio percorso nelle giovanili la società non mi ha abbandonato, come spesso si faceva con tanti altri ragazzi. Sono andato in prestito al Rimini, poi alla Spal del grande presidente Mazza poi passato alla storia, poi all'Atalanta. Però allora in campo ci andavano solo gli undici titolari, e così feci una scelta coraggiosa; piuttosto che fare la riserva nelle categorie maggiori, scelsi di giocare e così arrivai in serie C a Potenza e successivamente a Matera. Poi ho conosciuto mia moglie, mi sono sposato, e vedo con piacere che la gente mi stima come persona prima che come calciatore ovunque io sia andato. Sono contento di aver conosciuto belle persone, anche il mondo calcistico aveva valori più belli come l'amicizia e il rispetto; oggi gli interessi lo rendono più arido, mentre noi abbiamo vissuto la nostra avventura calcistica con più sentimentalismo.
Parlando del paragone tra i tempi di allora e di oggi arriviamo dunque all'attualità. Come vedi il Matera del presente?
Ho visto qualche partita del Matera e giocano davvero bene, mi piace il gioco, l'allenatore è di esperienza e ovunque sia andato ha sempre fatto bene, le sue squadre sono sempre ben organizzate. So che quest'anno c'è stato un passaggio a vuoto ma noi dal di fuori non possiamo sapere cosa sia successo per giudicare. La città di Matera merita di avere una squadra di livello, pur con alti e bassi ha una tradizione e una storia di tutto rispetto, considerando sempre i pochi mezzi a disposizione. La storia che ho vissuto io, l'epoca del presidente Salerno, deve essere a mio avviso da esempio anche per l'attuale dirigenza; una storia fatta di umiltà e passione che riescono a regalare grande prestigio anche ad una piccola realtà come la nostra.