Intervista a cura di Nicola Salerno
Oggi incontriamo Antonio Rebesco, uno dei numerosi frutti del florido vivaio biancazzurro degli anni ’80, tuttora attivo nel mondo del calcio come procuratore e come responsabile di una scuola calcio materana.
Antonio, hai esordito giovanissimo, appena diciassettenne, nella prima squadra del Matera in C2. Come hai vissuto quell’esperienza?
Era un’epoca differente da quella attuale, eravamo in pochi ad avere la fortuna di andare in prima squadra. Il calcio era molto diverso, tutto era frutto di sacrifici, lotte, conquiste: oggi l’età media degli esordi è diminuita e non è più così inusuale debuttare a diciassette anni. Ho vissuto quell’esperienza con tanta intensità, ansia, passione, era l’inizio di un sogno, e mi ha aiutato molto a crescere da un punto di vista caratteriale e umano. Esordire nella propria città poi è doppiamente emozionante: quelli che fino al giorno prima erano i miei compagni di tifo erano diventati i miei tifosi, una bellissima sensazione. Giocare nella propria città è una responsabilità diversa rispetto a chi viene da fuori; pesa di più però dà una gioia immensa, facendo le dovute proporzioni è come vestire la maglia della nazionale. Mi sarebbe piaciuto tornare ad indossare la maglia biancazzurra anche nella mia maturità calcistica, sarebbe stato bello rivivere quelle emozioni con un po’ di anni in più sulle spalle, ma non sempre si riesce ad avere tutto nella vita.
Dopo Matera il grande salto in una società di serie A, il Pisa. A diciotto anni cosa hai provato nel catapultarti in quella realtà?
E’ stata un’esperienza fantastica. Malgrado non sono stato protagonista, la serie A l’ho toccata con mano, e per un diciottenne allora era davvero un’avventura fuori dal comune. Era un mondo molto più grande dove mi sono affacciato grazie a Nicola Salerno, all’epoca diesse del Matera, ed a suo padre Franco. Il Pisa a fine stagione retrocesse e fu un risultato inaspettato: la squadra era stata strutturata per fare un campionato diverso ed effettivamente partì molto bene, ma poi ci fu un tracollo finale condito da tante vicissitudini legate anche al calcioscommesse, e dunque in quella società che mi fece affacciare al grande calcio non ci fu più modo di pensare al mio futuro.
A 18 anni appena compiuti, Rebesco segna la sua prima rete da professionista con la maglia biancazzurra a Cattolica |
La tua carriera proseguì così nei campi di terza serie. Quali sono le città e le squadre a cui sei più affezionato?
Mi calai subito nella mia nuova dimensione senza recriminazioni e rimpianti. A livello di piazza mi è rimasta particolarmente nel cuore Jesi, mentre a livello professionale ho un bel ricordo di tutte. Solo a Frosinone ho vissuto un’annata travagliata, condizionata da un brutto infortunio e dalla sconfitta nella finale play-off, ma lì ho conosciuto mia moglie e quindi ciò ha ampiamente compensato la stagione difficile.
Veniamo ai nostri giorni, nel mondo del calcio oggi hai un duplice impegno, da un lato a livello professionale come procuratore e dall’altro lato come responsabile di una scuola calcio.
Lasciato il calcio giocato dopo diciotto anni di professionismo, mi resi conto che questo mondo mi apparteneva. Il ruolo che mi sono ritagliato è consono al mio carattere, sono uno spirito libero e padrone di me stesso, e mi gioco la mia sorte direttamente sulla mia pelle. In questo particolare momento questa professione è diventata complicatissima, ma cerco di portarla avanti con serietà e rispettando i miei valori.
Desidero anche sottolineare il mio impegno nella scuola calcio della Pro Calcio Matera, che condivido con amici come Mimmo Donvito, Michele Pavone, Pino Rutigliano. Ho voluto mettere a frutto le competenze che ho maturato nel mondo del calcio per dare un piccolo contributo pur con tutti i miei limiti, scendendo in pista e cercando di dare il meglio per far crescere il mondo del calcio giovanile nella nostra città. Lavorare con i bambini e mettersi in discussione per indirizzare al meglio i loro sogni è molto bello e stimolante, sono contentissimo. Il nostro spirito è unicamente quello di educare allo sport e far crescere i bambini che sono una grande risorsa.
Ultima domanda quasi di rito: cosa pensi del Matera e dell’attuale campionato di Lega Pro?
Il mio augurio è quello di crescere sempre. Ho detto anche nel recente passato al patròn Columella che la cosa più bella è l’atmosfera che si vive in città. Sono stato una volta allo stadio quest’anno ed ho visto con grande piacere intere famiglie, genitori, ragazzi e bambini; mi auguro che tutto ciò non sia legato solo all’entusiasmo e diventi un’abitudine che va al di là del risultato. La crescita culturale che Matera sta vivendo deve coinvolgere anche l’aspetto sportivo, solo così ci potrà essere una proprietà duratura e si potrà invogliare l’attuale proprietario, che è la persona che dopo il sen. Salerno ha riportato il calcio a Matera, a investire ancora nel calcio nella città dei Sassi. Ecco, il mio auspicio ed il mio messaggio ai tifosi materani è che l’entusiasmo ci accompagni sempre, sia sempre un’onda coinvolgente e non sia legato solo ai risultati.